Salata, dolce, ripiena, comunque la si gusti, la schiacciata è uno degli street food più amati della toscana. Una focaccia semplicissima eppure capace di rubare i cuori di tutti.
La storia della schiacciata toscana
Le sue origini sono molto antiche e risalgono al tempo pre-romanico. Venivano amalgamati acqua e cereali vari macinati in un impasto rustico per poi essere “schiacciato” e ben cotto su pietre roventi. Lo spessore doveva necessariamente essere sottile, altrimenti il metodo rudimentale di cottura ne avrebbe compromesso l’interno, lasciandolo crudo. Le schiacciate di allora erano senza sale, insaporite soltanto con erbe e ciò che si trovava in natura.
Con il passare del tempo, divenne il cibo più adatto per chi era impiegato in lavori manuali per via dell’alto valore nutritivo, mentre furono i fornai del Rinascimento a scoprire la delizia della farcitura. Durante le lunghe notti passate a cuocere il pane gli venne l’idea di cuocere anche gli avanzi di pasta non lievitata per poi riempirli con formaggi, verdure o salumi.
La ricetta tradizionale
Come molte ricette della cultura italiana, anche quella della schiacciata classica deriva dalla tradizione povera ed è quindi semplicissima. Si tratta di una palla di pasta tirata sullo spianatoio, condita con olio di frantoio e sale grosso, poi cotta nel forno a legna.
Nonostante la sua facilità, gustare quella che i nonni chiamerebbero la vera schiaccia oggi è abbastanza raro.
Per la preparazione è da evitare l’uso di impastatrici meccaniche perchè la farina unita alla pasta madre e all’acqua si trasforma in qualcosa che solo la lavorazione manuale può vivificare davvero. Il segreto è sempre nella cura e nel rispetto delle regole di una volta, fondamentali per avere un risultato sempre più vicino all’originale.
La schiacciata con l’uva
Una delle varianti più amate è senza dubbio quella dolce con l’uva. Si dice che fin dal tempo degli Etruschi era diffusa questa prelibatezza, durante il tempo della vendemmia, realizza con olio, zucchero e uva nera. Per quest’ultima, la tradizione vuole che si usi solo la varietà canaiola, dai chicchi piccoli e con molti semi – di qualità inferiore e poco adatta alla vinificazione.