Antiche navate sospese nel nulla, squarci nelle mura che si aprono sui vigneti circostanti e rosoni senza vetri che fanno entrare il cielo. L’Abbazia di Sant’Eustachio è una delle più affascinanti perle architettoniche trevigiane e la sua è una storia da Cenerentola, dove i ruderi rimasti per anni in balia delle intemperie sono oggi una romantica terrazza affacciata sui colli.
La storia dell’Abbazia di Sant’Eustachio
Secondo la bolla papale del pontefice Alessandro II, il complesso benedettino venne fondato da Rambaldo III di Collalto e dalla madre Gisla attorno all’anno Mille, sopra un’opera fortificata già esistente. Diventata prima polo culturale e poi azienda agricola, si salvò dalla furia Napoleonica di inizio Ottocento ma non poté resistere alle conseguenze di Caporetto. L’edificio si trovava infatti in prossimità del fronte del Piave e, durante la Battaglia del Solstizio, l’edificio fu completamente distrutto e le sue rovine rimasero abbandonate all’incuria del tempo.
Monsignor Della Casa e il Galateo
L’Abbazia conobbe il suo periodo d’oro verso la metà del Cinquecento, diventando uno dei centri culturali più significativi d’Italia. Qui alloggiarono molti personaggi illustri come Giovanni Della Casa che proprio tra le austere mura scrisse il famoso Galateo. Si dice che l’autore trovò la sua ispirazione proprio tra gli alberi dell’antico bosco secolare che circonda la struttura.
Il restauro
Oggi l’Abbazia di Sant’Eustachio è tornata a splendere grazie ad un restauro conservativo promosso dalla famiglia Giusti che ha permesso di recuperare parte delle mura, delle pavimentazioni originali e anche di rimettere in sesto il vicino Eremo di San Girolamo. Nella struttura state create delle terrazze panoramiche dalle quali si può godere una vista a trecentosessanta gradi sulle colline, gustando un buon bicchiere di Prosecco, piacevolmente avvolti nell’atmosfera ricca di fascino delle antiche mura.